mercoledì 8 settembre 2010

Mosaici


Gesù seduto all’inizio del tavolo, poi gli ospiti in ordine d’importanza, Giovanni, Paolo e gli altri. Giuda mangia sotto il tavolo. L’affresco è di epoca bizantina quando il concetto di centralità del Cristo non si è ancora affermato. Sopra la Madonna con il Bambino di fattura quattrocentesca una scritta araba che inneggia ad Allah. La tradizione vuole che l’abbiano dipinta gli otrantini per difendere la chiesa dalle scorrerie dei turchi i quali alla vista della scritta si sarebbero messi a pregare. Il serpente tentatore del paradiso terrestre con la testa di un uccello rapace. La Chiesa di San Pietro a Otranto è un libro composto da tante pagine diverse così come il grande mosaico della Cattedrale eseguito nel 1100 dal monaco Pantaleone: Caino e Abele vicino a Re Artù, poi i mesi dell’anno, l’arca di Noè, la torre di Babele, la scacchiera mussulmana dell’Essere, un misterioso volto da cui si dipartono quattro corpi di animali. E ancora due elefanti che sostengono l’albero della vita, le illustrazioni del libro di Giona, il Minotauro, Satana, le Erinni. Il mosaico rappresenta molto bene l’incessante tentativo dell’uomo di comporre la molteplicità, le differenze. Tentativo che si ripete nei cicli di affreschi medievali e rinascimentali, nei romanzi, nei film, nelle religioni, nelle filosofie, nella scienza e, da ultimo, in Internet che riempie la rete con la multiforme e cangiante diversità delle esperienze. Ma ancora una volta questi tentativi non sono che tessere di un mosaico più grande che non si lascia mai comporre del tutto.
Otranto, agosto 2010

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