Nel suo discorso più famoso, quello tenuto all'Università di Stanford nel 2005, Steve Jobs, a cui un anno prima era stato diagnosticato il cancro al pancreas, diceva, tra le altre cose, ai neolaureati:
"(...)Quando avevo diciassette anni lessi questa citazione: Se vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo un giorno farai centro. Per i successivi trentatré anni ogni mattina quando mi guardavo allo specchio mi domandavo: Se questo fosse l'ultimo della mia vita farei quello che sto facendo?", e ogni volta la risposta era No. Così è stato per troppo tempo. Sapevo che dovevo cambiare qualcosa." "(...) La consapevolezza che potrei morire in poco tempo è lo strumento più importante che io abbia mai conosciuto per fare delle grandi scelte nella vita. Perché quasi tutto - le aspettative, l'orgoglio, la paura di soffrire, di un fallimento - tutte queste cose scompaiono di fronte alla morte. Sapere che un giorno morirete è il miglior modo che io conosca per evitare di restare intrappolati nella paura di avere qualcosa da perdere. Voi siete già nudi. Non c'è ragione perché non seguiate il vostro cuore." "(...) Il vostro tempo è limitato, non sprecatelo per vivere la vita di qualcun altro. Non lasciatevi condizionare da dogmi, cioè non vivete secondo i principi di altri. Non lasciate che il rumore di altre voci soffochi la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e le vostre intuizioni: loro in qualche modo già sanno quello che volete veramente diventare. Ogni altra cosa è secondaria." "(...) Nella vita siate affamati, siate folli". Steve Jobs in sintesi dice Cogli l'attimo, Segui la tua strada, Va' do dove ti porta il cuore, perché la vita è breve. Collegati al tuo destino, alla tua realizzazione personale, al tuo sogno. Come schiacciare il tasto di un iPad, di un iPhone, le sue creature, come cliccare su Google, Fb, Twitter, spedire una mail. Va dove ti porta il clic e ci sei, libero di seguire i tuoi itinerari, ipnotizzato, riflesso in uno schermo, come Narciso. Ma la vita non è un clic, quando vai dove ti porta il cuore c'è una rete di relazioni, di rapporti, di percorsi, di tempi, di rinunce, di circostanze, lungo la tua strada. La vita è più complessa e molto più bella di uno slogan. Hanno paragonato Steve Jobs a Leonardo, e certamente è stato un genio, un genio della tecnica. IPhone, iPad hanno cambiato le nostre vite, come Internet e il resto. Al punto che il filosofo Maurizio Ferraris ha scritto il libro Anima e iPad e ha tenuto un'interessante conferenza, che si può ascoltare sul sito giovediscienza in cui sostiene che l'una e l'altra sono tabulae rasae su cui inscriviamo, registriamo, ciò che ci accade, che l’una e l’altra sono parte di noi. Seguire la propria anima, il nostro cuore spirituale, allora è anche accendere un iPad, specchio magico nel quale insieme a noi si riflette il mondo, con le parole, la musica, le immagini che desideriamo. Una parte della nostra vita si svolge e si moltiplica nell'altrove elettronico, incessante attività, puntuale lampeggiare, intermittente succedersi di qui ed ora, di attimi colti e cliccati. Tutto l'opposto di quanto andava scrivendo Schlegel nella Lucinde: "La forma di vita più morale, la più perfetta, è un puro vegetare." E Svevo, nel racconto Una burla riuscita, descrive così Mario Samigli, un romanziere che non riesce a scrivere: "E furono quelli gli anni suoi più felici, così pieni di sogni e privi di qualsiasi faticosa esperienza, una seconda accesa infanzia preferibile persino alla maturità dello scrittore più fortunato che sa vuotarsi sulla carta, più aiutato che impedito dalla parola; e resta poi come una buccia vuota che si crede tuttavia frutto saporito. Poteva restare felice quell'epoca solo finché durava lo sforzo per uscirne; e da parte di Mario, questo sforzo non troppo violento ci fu sempre; per fortuna, egli non trovava l'uscio per cui poter e dover allontanarsi da tanta felicità." Svevo e Schlegel, anime oziose scollegata dall'iPad.
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