"Una pioggia leggera e tenace bagna i masegni di Piazza San Marco in questo mercoledì di giugno. La bandiera italiana e quella marocchina sventolano insieme per l’apertura del primo Festival italo-marocchino. Sotto i portici delle Procuratie un viavai di persone, l’impazienza prima che si apra il sipario, la speranza che smetta di piovere. I gruppi in costume accordano gli strumenti, accennano qualche motivo tradizionale."
"Il profumo del tè alla menta conduce attraverso il piccolo suk creato all’ombra delle mura: le teiere in alpaca cesellate a mano con il bulino, le scacchiere di cedro intagliate nelle botteghe di Fes, gli specchi e i piatti in rame, i portagioie abbelliti da intarsi geometrici, le vecchie lanterne di Rabat e i tappeti delle regioni dell’Atlante impreziositi da disegni di piante, erbe, colori dei paesaggi di provenienza, e simboli come l’occhio del profeta, la mano di Fatima, la kasba, le dune. Figure di donne compongono la trama aiutandosi con un legno d’olivo. Una volta, era tradizione che prima del matrimonio le ragazze regalassero al futuro marito il kilim creato con le loro mani, era una lettera d’amore alla quale il corteggiato doveva rispondere senza poter vedere la ragazza.
Sotto la tenda berbera Hasan prepara il tè alla menta, un rito antico che in attimo conduce la fantasia a ripercorrere le piste delle carovane nel deserto e a immaginare notti a tu per tu con le stelle."
"I terrazzi dei condomini sembrano tastiere di pianoforte grigie e bianche, come le macchine allineate nei parcheggi intorno all’auditorium Modigliani. È l’auditorium del liceo artistico di Padova intitolato a Modì, il pittore dei colli lunghi. Il nome evoca atmosfere parigine e con esse i fermenti di una cultura artistica aperta all’incontro, alle contaminazioni."
Il diario del primo festival italomarocchino è on line all'indirizzo http://www.slideshare.net/AntonOrefice/non-smette-di-piovere
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