lunedì 1 novembre 2010

La parola e la mola

Non era che una reverie. Fantasticavo che i metafisici, quando si fabbricano un linguaggio, somigliano agli artigiani che, invece di coltelli e forbici, passassero sulla loro mola medaglie e monete, per cancellarne l’esergo, l’annata, l’effigie. Quando hanno tanto fatto che non si vede più sulle loro monete da cento soldi né Vittoria, né Guglielmo, né la Repubblica, dicono: ‘Queste monete non hanno nulla di inglese, né di tedesco, né di francese; le abbiamo tratte fuori dal tempo e dallo spazio; esse non valgono più cinque franchi: esse hanno un valore inestimabile e il loro corso è stato esteso infinitamente’. Essi hanno ragione a parlare così. Con questo lavoro da pochi soldi le parole vengono portate dal fisico al metafisico. Si vede innanzitutto cosa ci perdono; non si vede subito cosa guadagnano. (...) In tre pagine di Hegel, prese a caso dalla sua Fenomenologia, su ventisei parole, soggetti di frasi importanti, ho trovato diciannove termini negativi contro sette termini affermativi. Gli ab, gli in, i non agiscono ancora più energicamente della mola. Vi cancellano d’un colpo solo le parole più salienti. Talvolta, a dire il vero, ve le capovolgono soltanto, e ve le mettono sottosopra.
Anatole France, Le jardin d'Epicure

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